("L'Urlo" Edvard Munch)
Siamo tutti (o quasi) ben consapevoli che il futuro prossimo che ci attende sarà molto duro, dal momento che le stime più accreditate prevedono che l'Italia nel 2020 subirà una contrazione del PIL del 15%, vale a dire alcuni milioni di nuovi disoccupati che andranno ad ingrossare le fila di quelli già esistenti, con tutte le conseguenze che ne deriveranno: chiusura di moltissime attività, aumento della povertà, disagio sociale, sofferenza, suicidi.
Questa situazione, poco auspicabile ma purtroppo quasi certa,
appare chiara a moltissime persone comuni, ma sembra non destare particolare interesse negli uomini politici che al momento sono alla guida del Paese, visto che le misure finora adottate per contrastare la crisi sanitaria non sembrano aver tenuto minimamente conto delle ricadute economiche e sociali che il lockdown dell'intero paese sta causando.
appare chiara a moltissime persone comuni, ma sembra non destare particolare interesse negli uomini politici che al momento sono alla guida del Paese, visto che le misure finora adottate per contrastare la crisi sanitaria non sembrano aver tenuto minimamente conto delle ricadute economiche e sociali che il lockdown dell'intero paese sta causando.
Dall'altra parte invece, il Presidente del Consiglio, mentre per decreto ha messo agli arresti domiciliari un'intera nazione, ha nominato d'imperio fantomatiche task force, formate da sconosciuti che, senza passare per alcun processo democratico di elezione, decidono cosa sia giusto scrivere e pensare, pena la censura del web, o stabiliscono chi può lavorare e riaprire la propria attività e chi no, costringendo così migliaia di attività a chiudere i battenti e condannando milioni di persone ad un futuro di stenti, sofferenze e miseria.
Al riguardo, pubblico un articolo che ha scritto Stefano Padovese per il blog, nel quale viene offerta ai lettori una chiave di lettura molto interessante riguardo all'inerzia omicida di questo governo, che nemmeno difronte ad un cataclisma economico e sociale senza precedenti, sembra dimostrare un briciolo di umanità ed empatia nei confronti del popolo che dovrebbe rappresentare.
Delirio di onnipotenza
“uomini
a due teste: infatti, è l’incertezza che
nei loro petti guida una dissennata mente. Costoro sono trascinati,
sordi e ciechi ad un tempo, sbalorditi, razza di uomini senza
giudizio”1
In
questi ultimi mesi, a partire dalla proclamazione dell’emergenza
pandemica da parte dell’OMS, siamo
stati testimoni passivi di un
convulso susseguirsi di decreti ed ordinanze, che hanno
progressivamente soppresso
almeno nove libertà costituzionali, sospendendo di fatto l’ordine
democratico. Tutto ciò è stato accompagnato da una campagna
mediatica, praticamente a senso unico, che
da un lato si è dedicata alla schizofrenica
diffusione di
informazioni spesso infondate e contraddittorie e
dall’altro alla compiaciuta ostentazione di immagini di morte,
sofferenza e paura.
Il
risultato finale di tutto ciò è stato quello di aggiungere all’emergenza sanitaria una più profonda e devastante crisi
socio-economica. Ma l’aspetto più raccapricciante di questa
situazione va colto nella sproporzione delle disposizioni contenute
nei diversi strumenti legislativi, rispetto agli obiettivi preposti.
Regole inutili, vessatorie, applicate in modo molto spesso
discutibile ed arbitrario, da parte delle forze dell’ordine.
Obblighi e divieti contrari al buon senso (distanziamento sociale in
pubblico di famigliari conviventi!), e alle stesse norme fondamentali
di igiene e salute (divieto di praticare sport all’aperto, da soli,
fuori dai centri abitati), fino ad arrivare a prescrizioni
palesemente contraddittorie e contro ogni logica (diminuzione degli
orari dei negozi e delle corse dei servizi pubblici per ridurre
l’assembramento!).
Come se questo non bastasse, l’insuccesso
manifesto delle misure di contenimento, scandito dai quotidiani
bollettini di morte e contagio diffusi dalla protezione civile, è
stato imputato agli stessi cittadini, indicati in un primo tempo come
untori disobbedienti e poi semplicemente come colpevoli vettori di
infezione all’interno delle mura domestiche, quando ormai la
stragrande maggioranza della popolazione risultava confinata agli
“arresti domiciliari”! Delirio
è il termine che, meglio di ogni altro, può esprimere con sintetica
pregnanza questa situazione inaudita. Diventa quindi urgente
comprendere la natura e l’origine di questo delirio, che sta
contaminando ogni aspetto del vivere sociale.
Comunemente
in psichiatria con tale espressione, si fa riferimento ad un insieme
di convinzioni
estremamente rigide, ritenute assolutamente valide a livello
personale, che resistono immutabili alla prova fattuale
dell’esperienza e a qualsiasi argomentazione contraria, anche se
ben fondata. Non si tratta di credenze, opinioni, punti di vista, ma
di saperi veri e propri.
Tali contenuti di certezza non restano limitati
alla sfera teoretica, contemplativa, ma si riflettono nell'azione:
determinano la vita stessa, condizionando il rapporto con il mondo e
con gli altri.
Colui
che detiene questi contenuti di verità private, risulta isolato in
un mondo solipsistico, totalmente
estraneo,
più che semplicemente distante, dal comune consesso sociale.
Quando
si verifica il caso, in genere piuttosto raro, che più persone
condividano le medesime certezze, così come sopra descritte, siamo
di fronte ad un delirio condiviso. Diverse persone collaborano
indipendentemente e attivamente alla costruzione del delirio; in
seguito, attraverso una serie di atti di imposizione, la follia viene
comunicata ad una più ampia platea.
Tali
persone sono accomunate da una autopercezione esagerata, unita ad un
disprezzo per gli altri, considerati inferiori. Affetti da un evidente
disturbo narcisistico della personalità, vivono nella presunzione di
essere indispensabili, invincibili e in grado di venire a capo di
qualsiasi problema, accentrando su di sé tutto il potere, servendosi
di ogni manipolazione utile allo scopo.
Nella loro presunta
onnipotenza, traggono piacere nel mettere alla prova le persone
sottoposte alla propria autorità e non riconoscono né correggono i
propri errori, dandone volentieri la colpa agli altri. Di fronte agli
evidenti insuccessi e alle critiche puntuali, dimostrano una scarsa
capacità di gestire la frustrazione, che traspare prepotentemente
nel linguaggio del corpo, quando non si esprime in una manifesta
aggressività verbale. Vanesi e istrionici, si esibiscono
teatralmente nell’impresa di amplificare le proprie abilità e
risultati, recitando la parte più adatta alla situazione
contingente.
Comunque, il loro ego smisurato, non gli permette di
mascherare fastidiosi atteggiamenti paternalistici, autoritari e
francamente offensivi, che necessariamente traspaiono in talune
espressioni e scelte linguistiche, chiari segni di un compiaciuto
senso di megalomane superiorità.
Forse
tutto ciò ricorda qualcosa di sgradevolmente familiare: immagini di
persone che riempiono i canali della comunicazione mediatica con la
loro presenza ingombrante, prive di vergogna e avide di potere ed
impongono scelte scellerate, prive di logica… Non per tutti,
evidentemente.
Oppure
il delirio collettivo si riverbera ormai su ogni aspetto e attore.
Ognuno osservi e tragga le proprie conclusioni secondo la propria
sensibilità.
1Parmenide,
Sulla
natura, V sec. a. C.
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